The voice of Cariplo Factory
Adattamento ai cambiamenti climatici: la collaborazione pubblico-privato per superare l’impasse
Eventi metereologici estremi, periodi di siccità più lunghi e intensi, modelli metereologici e idrogeologici meno affidabili: la combinazione di questi e altri elementi rappresenta oggi un fattore di rischio rilevante per individui e organizzazioni, e sempre più aziende sono coinvolte nello sviluppo di soluzioni e tecnologie innovative per adattarsi ai cambiamenti climatici in atto e limitare le ricadute negative sulle proprie filiere produttive.
Le tendenze emergenti nell’innovazione in ambito “climate change adaptation” e le opportunità non ancora colte dal settore privato
Lo sviluppo di soluzioni per realizzare infrastrutture, sistemi di traporto, stoccaggio e lavorazione più resilienti, tecnologie di geoingegneria con un impatto a larghissima scala su interi ecosistemi, e l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale per ottenere previsioni più affidabili sono alcune delle tendenze emergenti in risposta alla sfida dell’adattamento al “cimate change”, a cui un numero crescente di realtà guarda con attenzione.
Il valore complessivo di questo mercato tuttora in fase di definizione potrebbe raggiungere – secondo le stime del World Economic Forum – a un totale di 2 trilioni di dollari entro il 2026, malgrado una quota di investimenti privati ancora minoritaria (1,6%) rispetto al volume di investimenti pubblici destinati al settore. In mancanza di risorse, competenze e conoscenze del settore privato, tuttavia, anche i corposi investimenti pubblici potrebbero rivelarsi alla prova dei fatti ampiamenti insufficienti rispetto alla complessità delle sfide da affrontare.
Resta infatti, in tutto questo, la consapevolezza della persistenza di forti ostacoli che potrebbero frenare ancora a lungo la collaborazione tra i diversi attori in campo, tra cui:
- Gli alti investimenti richiesti e le incertezze sui ritorni finanziari delle soluzioni adottate
- La mutevolezza e complessità delle normative e dei regolamenti ambientali
- La mancanza di una strategia nazionale per guidare il settore privato
- La difficoltà di definire le aree di influenza e responsabilità dei player coinvolti
- La scarsità di dati e competenze tecniche condivise tra i diversi player in gioco
La crescita delle collaborazioni pubblico-private e le opportunità per startup e spinoff universitari
Non è un caso, infatti, che nel corso degli ultimi anni siano diventate sempre più frequenti le notizie di nuove forme di collaborazione pubblico-privato volte a condividere le esperienze e mettere a fattore comune tecnologie e progetti virtuosi. Tra queste meritano una particolare menzione l’Alleanza Aria-Clima del Comune di Milano, di cui fa parte anche Cariplo Factory, il progetto “100 Resilient Cities” della Rockefeller Foundation, e le iniziative di advisory gratuito della Commissione Europea per il supporto nella transizione all’economia circolare – premessa fondamentale nel contrasto al “climate change”.
È in questi contesti che startup, spinoff universitari e ricercatori – soprattutto nell’ambito del digitale, dell’ICT, della bioeconomia, dell’agricoltura e della gestione delle risorse idriche – possono trovare terreno fertile per sviluppare nuove forme di collaborazione con soggetti pubblici e privati dotati delle risorse per sostenerne lo sviluppo su larga scala. Collaborazioni virtuose che possono nascere da iniziative pubbliche, come ad esempio i finanziamenti europei per i progetti di R&D o i progetti coperti dal PNRR in Italia, ma anche attraverso l’intermediazione delle associazioni di categoria. Non va sottovalutato, infine, il ruolo delle aziende capofiliera, le quali possono favorire l’adozione di best practices tra i propri fornitori per scelta condivisa o per vincoli normativi.
Gli ostacoli da superare nella collaborazione e gli “hub di innovazione climatica” per risolvere le reciproche difficoltà
La complessità e il costo delle soluzioni da sviluppare, gli impatti attesi su ampie fasce della popolazione, i rischi presenti a più livelli delle filiere produttive impongono oggi lo sviluppo di modelli di collaborazione complessi e multistakeholder, che richiedono tempo di definizione, setup e implementazione per il raggiungimento di risultati tangibili.
Tra gli strumenti attualmente a disposizione, quelli più utili per affrontare la complessità delle sfide da affrontare sono a mio parare:
- Partenariati multi-stakeholder: Collaborazioni che coinvolgono non solo imprese private, ma anche istituzioni pubbliche, organizzazioni non governative, istituti di ricerca e comunità locali e che possono portare a soluzioni più efficaci e sostenibili nel tempo.
- Hub di innovazione climatica: La creazione di hub o centri di innovazione climatica può fungere da punto di incontro per imprese, investitori, ricercatori, tech provider, startup e governi interessati a sviluppare e implementare soluzioni ai cambiamenti climatici.
- Piattaforme di condivisione delle conoscenze: per favorire la trasparenza, l’accessibilità e la diffusione delle conoscenze.
- Incentivi finanziari e meccanismi di sostegno
L’integrazione virtuosa di questi strumenti dovrebbe, infine, andare di pari passo con una forte attività di sensibilizzazione della cittadinanza e dei decision maker, congiuntamente al cambio di mentalità da parte delle grandi aziende: non più progetti una tantum, pensati fin dal principio in un’ottica prevalentemente “di comunicazione” arricchendo i contenuti del report di sostenibilità a trazione ESG o SDG, ma allocazione di risorse e capitali sufficienti ad approfittare della leva finanziaria predisposta dal pubblico e dalle grandi istituzioni internazionali. Se gli impatti più dannosi potrebbero manifestarsi non prima di alcuni anni ancora, il costo per l’adattamento potrebbe a breve superare anche le stime più conservative: a ognuno il compito di fare la propria parte per il beneficio di tutti.
Giovanni Bugnotto
Head of Circular Innovation